A causa del diffondersi dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, dichiarata altresì pandemia da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il Governo ha disposto la sospensione delle attività commerciali non essenziali, oltre che il divieto di uscita da casa dei propri cittadini, salvo che per i casi di necessità, lavoro e visite mediche, con una serie di provvedimenti di legge e regolamentari, tra cui, inter alia, il D.L. 23/02/2020, n. 6, come modificato da L.13/2020; il D.L. 25 marzo 2020, n.19; il D.P.C.M. 22/03/2020, per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, e con possibilità di modularne l'applicazione in aumento ovvero in diminuzione secondo l'andamento epidemiologico del predetto virus.
Ieri, il Presidente del Consiglio ha annunciato altresì la proroga delle misure restrittive fino al 13 aprile 2020. Tuttavia, siamo già perfettamente consapevoli, che queste misure potranno essere prorogate fino al 31 luglio 2020, nella speranza che nel frattempo il grave flagello che si è abbattuto sul nostro Paese e nel mondo possa trovare fine.
In tutto questo, ad avviso di chi scrive, le responsabilità dell'adempimento delle prescrizioni contrattuali NON possono abbattersi solo sull'anello più debole della catena economica e commerciale.
Questo implica, dunque, la possibilità di iniziare a rinegoziare le clause contrattuali, i termini di pagamento, gli ordini di acquisto, le evantuali risoluzioni del contratti, tenuto conto che la gravità degli eventi sopra descritti, possono porre una parte contrattuale nella difficoltà oggettiva, di cui agli artt. 1218 e 1256 del codice civile, di far fronte al corretto adempimento delle prescrizioni contrattuali in essere per cause alla stessa non imputabili.
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