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Cugia Cuomo & Associati
07 ottobre 2024
La Sentenza della Corte di Giustizia dell'UE nella causa C-650/22 | FIFA ha stabilito che le norme FIFA ostacolano la liberta` di circolazione dei giocatori e restringono la concorrenza tra i club.
La Corte dichiara che l'insieme di tali norme e` contrario al diritto dell'Unione.
Da un lato, le norme in questione sono tali da ostacolare la libera circolazione dei calciatori professionisti che vogliano far evolvere la loro attivita` andando a lavorare per un nuovo club, stabilito nel territorio di un altro Stato membro dell'Unione. Infatti, dette norme fanno gravare su tali giocatori, e sui club che intendano ingaggiarli, rischi giuridici rilevanti, rischi finanziari imprevedibili e potenzialmente molto elevati nonche´ significativi rischi sportivi, che, considerati nel complesso, sono tali da ostacolare il trasferimento internazionale di questi giocatori. Anche se e` vero che restrizioni alla libera circolazione dei giocatori professionisti possono essere giustificate dall'obiettivo di interesse generale consistente nel garantire la regolarita` delle competizioni di calcio tra club, mantenendo un certo grado di stabilita` nell'organico dei club di calcio professionistici, tuttavia, nel caso di specie, le norme di cui trattasi, fatta salva la verifica da parte della cour d'appel de Mons, sembrano spingersi, sotto molti aspetti, oltre quanto necessario per il perseguimento di tale obiettivo.
Per quanto riguarda, dall'altro lato, il diritto della concorrenza, la Corte dichiara che le norme controverse hanno lo scopo di restringere, se non addirittura di impedire, la concorrenza transfrontaliera che potrebbero farsi tutti i club di calcio professionistici stabiliti nell'Unione ingaggiando unilateralmente giocatori contrattualmente legati ad un altro club o giocatori il cui contratto sia stato asseritamente risolto senza giusta causa. A tal riguardo, la Corte ricorda che la possibilita` di farsi concorrenza reclutando giocatori gia` formati svolge un ruolo essenziale nel settore del calcio professionistico e che le norme che restringono in modo generalizzato tale forma di concorrenza, cristallizzando la ripartizione dei lavoratori tra i datori di lavoro e compartimentando i mercati, sono assimilabili ad un accordo di non sollecitazione. Peraltro, la Corte rileva che, fatta salva la verifica da parte della cour d'appel de Mons, tali norme non sembrano essere indispensabili o necessarie.
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