Per la Corte di Cassazione (Cass. civ., Sez. lavoro, Sent., (data ud. 11/06/2025) 29/08/2025, n. 24204) trovano applicazione nel nostro ordinamento i principi di cui alla sentenza della Corte Europea per i Diritti dell'Uomo (cfr. Grande Camera, sentenza 5 settembre 2017, ricorso n. 61496/08, Barbalescu) ove, partendo dai concetti di "vita privata" (punto 71. "La Corte ritiene che la nozione di "vita privata" possa comprendere le attività professionali (si vedano Fernández Martínez c. Spagna (GC), n. 56030/07, par. 110, CEDU 2014 (estratti), e Oleksandr Volkov c. Ucraina, n. 21722/11, parr. 165-66, CEDU 2013), o le attività che hanno luogo in un contesto pubblico (si veda Von Hannover c. Germania (n. 2) (GC), nn. 40660/08 e 60641/08, par. 95, CEDU 2012). Le limitazioni alla vita professionale di una persona possono rientrare nell'articolo 8 se hanno ripercussioni sulle modalità con cui la stessa costruisce la sua identità sociale mediante lo sviluppo di rapporti con gli altri. A tale riguardo deve essere rilevato che per la maggior parte delle persone la vita lavorativa rappresenta una significativa, se non la più importante, possibilità di sviluppare rapporti con il mondo esterno (si veda Niemietz, sopra citata, par. 29)" e di "corrispondenza" (punto 72. "Inoltre, in ordine alla nozione di "corrispondenza", deve essere osservato che nella formulazione dell'articolo 8 tale termine non è qualificato da un aggettivo, a differenza del termine "vita". E in realtà la Corte ha già ritenuto che, nell'ambito della corrispondenza svolta mediante telefonate, non debba essere effettuata alcuna qualificazione di tale tipo. In diverse cause concernenti la corrispondenza con un avvocato non ha neanche previsto la possibilità dell'inapplicabilità dell'articolo 8 in ragione del carattere professionale della corrispondenza (si veda Niemietz, sopra citata, par. 32, con ulteriori riferimenti). Ha inoltre ritenuto che le conversazioni telefoniche siano comprese nella nozione di "vita privata" e di "corrispondenza" di cui all'articolo 8 (si veda Roman Zakharov c. Russia (GC), n. 47143/06, par. 173, CEDU 2015). In linea di massima, ciò vale anche per le telefonate effettuate o ricevute nei locali dell'impresa (si veda Halford, sopra citata, par. 44, e Amann c. Svizzera (GC), n. 27798/95, par. 44, CEDU 2000 II). Si applica lo stesso principio alle e-mail inviate dal luogo di lavoro, che godono di analoga tutela ai sensi dell'articolo 8, così come le informazioni tratte dal controllo dell'utilizzo di internet da parte di una persona (si veda Copland, sopra citata, par. 41 in fine)", è stato affermato che le comunicazioni trasmesse dai locali dell'impresa nonché dal domicilio di una persona possono essere comprese nella nozione di "vita privata" e di "corrispondenza" di cui all'articolo 8 della Convenzione (si vedano Halford, sopra citata, par. 44; e Copland, sopra citata, par. 41).
In tema di tutela della riservatezza nello svolgimento del rapporto di lavoro, la Cassazione ha precisato che sono illegittime la conservazione e la categorizzazione dei dati personali dei dipendenti, relativi alla navigazione in Internet, all'utilizzo della posta elettronica ed alle utenze telefoniche da essi chiamate, acquisiti dal datore di lavoro - benché affidatario di compiti di rilievo pubblicistico - attraverso impianti e sistemi di controllo la cui installazione sia avvenuta senza il positivo esperimento delle procedure di cui all'art. 4, comma 2, della L. n. 300 del 1970 (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 151 del 2015 vigente ratione temporis), applicabili anche ai controlli diretti ad accertare comportamenti illeciti dei lavoratori quando comportino la possibilità di verifica a distanza dell'attività di questi ultimi, ed in assenza dell'acquisizione del consenso individuale e del rilascio delle informative previste dal D.Lgs. n. 196 del 2003. Il trattamento di quei dati si traduce, infatti, nella violazione dell'art. 8 della menzionata legge, che vieta lo svolgimento di indagini sulle opinioni e sulla vita personale del lavoratore, anche se le informazioni raccolte non siano in concreto utilizzate (Cass. n. 18302/2016).
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